Il regno dell’ultimo alchimista

14.05.2022

 La Rocchetta Mattei è stata costruita tra il 1850 e il 1859 su un antico feudo matildico acquistato dal conte stesso. Cesare Mattei, dopo essersi dedicato in gioventù alla vita politica, rimase sconvolto dalle sofferenze della madre, uccisa lentamente da un tumore. Per superare la depressione che lo aveva afflitto, decise quindi di crearsi un rifugio privato sull'Appennino, un luogo dove potersi dedicare allo studio e mettere a punto una "nuova medicina", più efficace di quella tradizionale che aveva fallito nel curare la madre.

Fortemente motivato a trovare dei rimedi alternativi a quelli della medicina moderna, Mattei iniziò con lo studio delle piante e dell'omeopatia ma poi si spinse oltre, inventando una nuova metodologia curativa che univa elementi vegetali a misteriosi "fluidi elettrici". Nel giro di qualche anno il conte riuscì a mettere a punto una cura basata sull'abbinamento di granuli simil-omeopatici (i cui principi erano estratti da piante officinali e lavorati con una metodologia segreta) con 5 liquidi elettrici, utili a ristabilire il corretto equilibrio delle cariche elettriche del corpo per riportarlo alla "neutralità". Questa nuova cura prese il nome appunto di elettro-omeopatia.

Pur essendo osteggiato e considerato pazzo, la sua pratica medica si diffuse ben presto in tutta Europa e i suoi rimedi divennero molto richiesti, anche all'estero. Negli anni tra il 1860 e il 1880 questo nuovo metodo richiamò malati da ogni parte del mondo, compresi aristocratici e Reali delle più antiche case regnanti d' Europa. Si narra che lo Zar Alessandro di Russia, la Regina Margherita e la Regina Vittoria e la stessa principessa Sissi si siano avvalsi della cura "inventata" dal conte Mattei.

Il successo dei suoi rimedi fu tale che Mattei venne citato anche da Dostoevskji ne "I fratelli Karamàzov": "Ma che filosofia e filosofia, quando tutta la parte destra del corpo mi si è paralizzata e io non faccio che gemere e lamentarmi. Ho tentato tutti i rimedi della medicina: sanno fare la diagnosi in maniera eccellente, conoscono la tua malattia come il palmo delle loro mani, ma non sono capaci di curare. Disperato, ho scritto al conte Mattei a Milano, che mi ha mandato un libro e delle gocce, che Dio lo benedica".


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